Siamo tornati

Quanto ci è mancato tutto questo? Vi dico la verità, questa mattina ero stranito. Ho mascherato con entusiasmo sensazioni in realtà molto contrastanti. Uscire all’aperto dopo così tanto tempo mi mette un po’ a disagio.

Questo nemico invisibile, per di più, ha risvegliato il mio lato ipocondriaco. Ho paura dell’ignoto che ci circonda, dell’euforia incondizionata che potrebbe riportarci nel baratro.

Ma, c’è un ma. E il ma è che niente e nessuno mi avrebbe fermato stamattina. Sarei uscito a correre a qualsiasi costo. Lo dovevo a me stesso, alla mia storia recente, al mio corpo.

Me lo dovevo per ritrovare un po’ dello spirito sopito. Lo spirito di chi lotta per conquistare qualcosa. Di chi si ricorda di essere qualcuno anche e soprattutto quando è solo e lotta contro i suoi limiti. Non è facile. Di fatto mi fa ancora una certa impressione la mia immagine con la mascherina sul viso. Ma ci deve essere un barlume di normalità, di respiro, in quello che facciamo, da oggi. E la mia normalità è la corsa. La mia strada, le mie campagne, i miei orari, le mie cascine, i miei casolari isolati nel verde.

Il mio posto preferito, a 2 km da casa.

La mia normalità sono le gocce di sudore, il fiato corto, il rumore dei passi sull’asfalto. La mia normalità è la fatica fine a se stessa che regala quell’enorme soddisfazione che solo chi corre può comprendere. La mia normalità è la resilienza, è lottare ogni giorno coi fantasmi.

Il resto può attendere. La corsa forse no.

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