Garmin Forerunner 245: una bella scoperta

Allora, diciamoci la verità: non avevo alcuna intenzione, lo giuro, di cambiare orologio. Ma il mio Forerunner 235 (al quale ero anche piuttosto affezionato poiché regalatomi da mia moglie un paio di anni fa) ha iniziato a una certa a dare alcuni segni di cedimento. Su tutti, ha perso la vibrazione. E fungendo ormai nel quotidiano anche da smartwatch, l’assenza di vibrazione limitava notevolmente il suo utilizzo.

Ho riflettuto un po’ sul da farsi per poi realizzare che avrei potato unire l’utile al dilettevole. In che senso? È presto detto: stavo attraversando un momento di scarsa motivazione rispetto agli obiettivi che avevo in mente. Poteva forse un orologio nuovo gasarmi un pò? Beh, la risposta è stata: sì!
Da lì un piccolo sondaggio sul mio profilo Instagram per capire quale potesse essere il modello migliore in base al prezzo che avevo in mente (idealmente inferiore ai 300 euro, per intenderci), e la risposta ricevuta è stata quasi unanime: Garmin la marca più citata (non mi pagano, lo riporto per esperienza personale), e Forerunner 245 il modello più citato (anche e soprattutto da runner che ammiro e stimo, dei quali mi fido particolarmente).

L’ho quindi acquistato, alla fine, su Amazon, pagandolo 200 euro.
Ormai lo utilizzo da un mesetto, ed ecco le mie considerazioni:

ESTETICA

Più fine rispetto al 235 da un punto di vista dell’hardware, molto avanti per quanto riguarda il design del software. In generale non è un orologio elegante, ma devo dire che fa la sua scena in tutti i contesti in cui mi trovo personalmente coinvolto. Ho scelto apposta un colore neutro (grigio/nero) in modo da poterlo indossare anche in ambiente lavorativo o nel tempo libero senza essere eccessivamente legato a livello cromatico.

FUNZIONALITÀ

Rispetto al modello precedente, questo orologio offre molte più funzionalità. Ad esempio, è possibile tracciare allenamenti per corsa, bici e nuoto – con il 235 il nuoto non era contemplato. In generale, comunque, il 245 è in grado di fornire molte più informazioni sul proprio stato di forma e di salute (forse troppe, ma dopo la prima settimana ci si focalizza su ciò che conta davvero per sé). Saturazione, respirazione, sonno, preparazione (in base a VO2 max e carico di lavoro), livello di stress. Chi più ne ha, più ne metta. E vi dirò, è quasi troppo per me. Ma come detto, dopo una sbornia iniziale, ho selezionato su cosa puntare per farmi un’idea chiara dei miei avanzamenti.
E la verità è che i dati che attestano il mio stato di forma sono molto severi, più severi di quelli mostrati dal 235. Associando all’orologio una fascia cardio credo che la rilevazione sia abbastanza accurate e quindi mi tocca accettare il fatto che no, non sono in grande spolvero. Ma verranno tempi migliori.

COACHING

Una delle cose che mi ha colpito maggiormente – in positivo, si intende – è la gestione dei piani di allenamento. Non li avevo mai utilizzati in precedenza poiché trovato il sistema davvero poco intuitivo. Ecco, in questo senso il passo avanti è notevole. È davvero molto facile impostare, a seconda del proprio obiettivo, un piano di lavoro offerto da Garmin, che imposta allenamento su misura per te. L’allenamento è fruibile direttamente dall’orologio, che scandisce le fasi e ti guida. Una bella comodità per chi, come me, non è così abituato a farsi guidare o a seguire delle tabelle. Infatti, seguendo un piano, sono riuscito in poco tempo a tornare sui 10 km. Non li correvo dallo scorso ottobre.

Sia chiaro, l’orologio non fa miracoli, e soprattutto va utilizzato con consapevolezza dei propri mezzi. Ma certamente, con la giusta motivazione e una buona dose di buon senso, può aiutare a focalizzarsi. Per i principianti – o coloro che comunque hanno voglia di imparare nozioni nuove o ripassarne di note – ci sono anche moduli video da seguire, che sono interessanti poiché girati con la partecipazione di coach molto importanti a livello internazionale.

Insomma, la gestione degli allenamenti è ottimale perché facilita davvero la preparazione in vista di obiettivi specifici. Adesso spero presto di seguirne uno per preparare una mezza maratona.

In generale, comunque, è molto più intuitivo l’utilizzo di impostazioni di allenamento anche al di fuori di piani strutturati.

BATTERIA

La batteria dura davvero a lungo, per ora tiene serenamente 7 giornate, con 3 allenamenti tracciati.

SICUREZZA

Il monitoraggio incidenti è previsto, per tutte le discipline. Viene richiesto di indicare i contatti da tenere in considerazione in caso di incidente, per notifica immediata. E sapere com’è, tutto sommato, non si sa mai…

MAPPE E NAVIGAZIONE

Lo lascio per ultimo in quanto capitolo che ho esplorato ancora poco, ma la possibilità di memorizzare percorsi e importarne altri che il Garmin Forerunner 245 fa già enorme differenza rispetto a quello a qui ero abituato. Lo schermo a colori permette una gestione ottimale della navigazione, ovviamente in proporzione alla fascia di prezzo dell’orologio. Ma credetemi, anche per chi come me corre ormai comunque da un pò, le funzionalità sono molteplici.

Insomma, tra le righe lo avrete capito: sono per ora totalmente soddisfatto di questo modello e l’unica cosa che mi resta da fare è esplorare ancora e ancora le funzionalità che offre, in modo da differenziare gli allenamenti, raggiungere gli obiettivi,
e – perché no – esplorare nuovi percorsi vista la mia scarsa capacità di orientarmi in autonomia.

Stay tuned! 😉

Corsa e vaccino Covid: la mia esperienza

Ebbene sì, eccomi tornato su queste pagine. Scusate il ritardo, mi verrebbe da dire. Ma ahimè questo 2021 ha portato con sé una serie di eventi e novità che mi hanno per lunghi tratti distratto dalla corsa. Corsa che però, sia chiaro, è sempre stata lì al suo posto. Sacro rifugio, prezioso sfogo, angolo di libertà assoluta.

Non ho mai smesso di correre. Semplicemente, ho smesso di parlarne, a tratti.

Sono qui oggi per parlare della mia esperienza con il vaccino Covid e la corsa, proprio oggi che mi sono allenato per la prima volta dopo la seconda dose. Premessa: non ho mai esitato, mi sono vaccinato appena possibile, credo nella scienza e credo nel ruolo che ognuno di noi ha nella comunità di cui facciamo parte. E invito tutti a farlo: vaccinatevi. Solo così usciremo da questa situazione surreale definitivamente.

Fatta la doverosa premessa, torniamo al focus di questo articolo: come mi sono comportato con gli allenamenti? Semplice, con l’ingrediente che cerco di mettere in tutte le decisioni che prendo: il buon senso.

Dopo la prima dose non ho avuto alcun sintomo, e mi sono allenato direttamente il giorno dopo. Ero in forma, in forze, e in quel caso non ho modificato i programmi della settimana.

Nel caso invece della seconda dose ho avuto, il giorno seguente, un momento di affaticamento, senza febbre ma con spossatezza tangibile e qualche sintomo influenzale lieve, appena accennato, che però non mi ha permesso di allenarmi. Per cautela sono rimasto a casa tranquillo, per riposare. Il giorno successivo, a 48 ore dal vaccino per intenderci, il mio corpo è tornato in forse definitivamente, spingendomi a uscire a correre.

Stasera, dunque, mi sono allenato, avendo ricevuto la dose di vaccino venerdì nel primo pomeriggio. Tutto ok.

Nonostante la fatica per la temperatura di un normale pomeriggio di luglio, la soddisfazione a fine corsa è stata doppia: da una parte la sensazione di benessere dopo un buon allenamento, dall’altra la consapevolezza che i lievi sintomi conseguenti al vaccino sono definitivamente svaniti.

Non resta ora che guardare al futuro con fiducia ed energia.

Tra musica e ciliegi

Corse virtuali. Purtroppo a un anno di distanza siamo ancora qua. Ma non mi dilungherò, questa volta, sulla situazione attuale. Il lockdown fa male, sì, ma onestamente non ci voglio pensare.

Voglio pensare piuttosto al fatto che in questo periodo mi sento bene, che ho iniziato pian piano ad allungare le distanze di allenamento. E che ho in programma un paio di gare – virtuali, appunto – che perlomeno mi tengono vivo e mi faranno riassaporare la bellezza di indossare un pettorale.

Il prossimo weekend – durante il quale festeggerò anche il mio 37esimo compleanno – correrò per la Run the music, una corsa non competitiva per sostenere la musica e i luoghi in cui prende vita.

Una delle cose che più mi piace del mondo del Running è la possibilità di correre per supportare cause sensibili. In questo momento in Italia il mondo della cultura e della musica sono in ginocchio per via della pandemia, e per questo mi fa piacere prendere parte a un’iniziativa che sensibilizza sul tema e raccoglie fondi.

Il lunedì dopo Pasqua invece, il 5 aprile, correrò La marcia dei ciliegi in fiore. Pensate, ho sempre voluto parteciparci “davvero” ma non ne ho mai avuto occasione e quest’anno mi accontenterò di correrla virtualmente, indossando un pettorale ma percorrendo i soliti sentieri qui vicino.

Verranno tempi migliori, nel frattempo godiamoci la primavera che si avvicina e proviamo a trasformare ogni momento di corsa in una festa. Perché è l’unica festa alla quale per ora possiamo partecipare.

Ripetute: ci provo davvero

Lo ammetto, ho un segreto da confessare: non ho mai amato allenamenti “non liberi”, e ho sempre preferito il fartlek alle ripetute. Questo perché come molti sanno mi sono avvicinato alla corsa per risollevarmi e l’allenamento per me è sempre andato oltre il concetto di performance.

Il problema, però, è che quando sono troppo libero tendo a rimanere “comodo”. Sono fatto così. Per questo, tutto sommato, in 3 anni di corsa non ho registrato un sostanziale aumento della velocità media, se non in contesti di gara quando lo stato di forma era eccezionale.

Non che la velocità sia per me una cosa fondamentale, ma in questi periodi di magra, in cui le gare non esistono (anche se stanno, forse, riprendendo pian piano) mi serviva un modo per tenermi vivo.

Da qui ho pensato che forse potesse essere il caso di provare un tipo di allenamento più mirato. E ho iniziato le ripetute. C’è da dire, per altro, che è un allenamento ideale quando hai poco tempo e allenandomi io ultimamente in pausa pranzo – durante la settimana – ne sto approfittando.

Fresco fresco, dopo una ripetuta.

Dunque, ho iniziato con ripetute brevi, perché correre al massimo o quasi della mia velocità è molto impegnativo per me ora. Inizio con 1 km circa di corsa lenta, per portarmi su un rettilineo di pista ciclabile che si presta particolarmente al tipo di allenamento. Da lì parto con allunghi di 300 metri all’ottanta/novanta percento della mia velocità massima, intervallati da 300 metri di corsa molto lenta, talvolta camminata, per recuperare. Faccio 6 allunghi con 6 recuperi. Finisco poi con un paio di chilometri di corsa molto lenta.

Devo dire che, complice anche l’innalzamento delle temperature in queste ultime due settimane, arrivo alla fine abbastanza stremato. Ma mi sta piacendo, perché vedere certi tempi (ho corso allunghi sotto i 4:40 al km) mi da morale e voglia di migliorare.

Ho ripreso anche a fare plank, anche se su questo devo lavorare sulla continuità. Mentre nei weekend proverò ad allungare le distanze, cercando di non andare mai sotto ai 10km.

Insomma, vediamo come va. Nel frattempo, per gettare il cuore oltre l’ostacolo, mi sono iscritto a una gara con partenza in solitaria. Avevo bisogno di sentire ancora quelle sensazioni. Se parteciperò, non lo so. Dipende da come andranno le cose. Intanto, però, mi preparo.

Runner, non aver paura

Paura. Quell’emozione che spesso tende a rovinarci i piani. O almeno, questo vale per me. Paura che le cose non vadano bene, paura del domani, paura dell’inaspettato. Paura di non arrivare alla fine. Questo vale nella vita, ma anche nella corsa. Tutte le gare di media distanza che ho affrontato (la mezza maratona, per intenderci) hanno generato in me incertezza, paura di non arrivare al traguardo. Paura che si è poi fatta da parte verso la fine, quando ho realizzato che con le mie risorse sarei stato in grado di arrivare alla fine.

Ecco, dirò adesso una cosa che potrebbe risultare banale ma è il fulcro della questione: il primo passo per superare i propri limiti ed essere anche solo minimamente ambiziosi, è non avere paura. Non c’è modo di progettare qualcosa di importante se si è dominati dalla paura.

E allora bisogna cercare di vivere, o correre, lasciandosi trasportare da del sano entusiasmo. È la cosa migliore da fare, ma non è facile.

Io ad esempio sono fatto così. La mia storia racconta che sono programmato per aver paura. Qual è la soluzione, dunque? La consapevolezza è il primo passo.

Il secondo passo è l’impegno quotidiano nel cercare di non dare alla paura la forza di limitarci. La corsa in questo ci può aiutare perché è uno sport nel quale continuità e impegno ripagano. E nel quale il duro lavoro da i suoi frutti giorno dopo giorno. È una delle tante cose che questo sport ci può insegnare.

Gestire la paura, anche nella fatica, è quello che serve per arrivare in fondo.

Non resta che provarci dal prossimo allenamento.

Lockdown, ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?

Rieccoci. La seconda ondata pare anche più forte della prima. Un’estate fatta di apparente spensieratezza ci ha portati a fronteggiare una nuova emergenza.

Non voglio entrare nel merito. Mi limito a dire che ovviamente sono molto preoccupato, consapevole che la corsa e il suo regolare svolgimento sono l’ultimo dei problemi da risolvere ora.

Quindi, con che stato d’animo si corre, in lockdown? Sono due secondo me le parole chiave.

La prima è “gratitudine”. Essere grati per poterlo fare. Essere grati di avere la volontà di farlo, con la consapevolezza di fare del bene a se stessi, per la propria salute fisica e mentale. Non è scontato. Prendiamo il mio caso: se la pandemia fosse stata nel 2017 mi sarei ritrovato ad affrontarla insieme a 35 kili in più e a tanta pigrizia. Senza valvole di sfogo. Senza ore d’aria nelle mie campagne. Poter correre non è scontato, presuppone buona salute di base, tempo e spazio per farlo. Pensiamoci quando lo facciamo.

La seconda è “prudenza”. Che fa rima con rispetto. Essere prudenti, in questo periodo, è d’obbligo. Bisogna stare attenti a rispettare le regole, a non strafare, a mantenere un equilibrio. Mascherina sempre dietro anche se non la indossiamo correndo. Distanza, allenamenti in luoghi pochi isolati – per chi può, ovviamente. Bocca e naso coperti se si incrocia qualcuno. Godiamoci la libertà di poterlo fare agendo da esempio virtuoso per tutti.

E poi? E poi si vedrà. In questo periodo, onestamente, è difficile per me parlare di obiettivi o simili. Teniamo botta e speriamo di poter tornare a goderci la corsa in un clima meno teso e in uno scenario in cui ci sia meno sofferenza e più speranza.

Nel frattempo possiamo fare solo una cosa, che è appunto essere grati e prudenti.

L’autunno ci aspetta

È volata via, senza neanche darci il tempo di salutarla, di prepararci psicologicamente al buio presto, ai primi freddi, alle prime piogge. Ci è sfuggita dalle mani quest’estate un po’ strana, che ci siamo goduti un po’ di più in virtù di un primavera trascorsa chiusi in casa, in quarantena forzata.

Me la sono goduta, e ho corso molto più di più rispetto a quella passata. È stata la mia terza estate da “runner”. E adesso? E adesso diciamolo, arriva una stagione che per chi corre rappresenta quasi il massimo. Le temperature si abbassano, le distanze si allungano, le gambe si sciolgono. Un sogno, non fosse questa situazione contingente che ci tiene tuttora sospesi. Di gare non ce ne sono – e alle poche che ancora resistono personalmente non riuscirei a partecipare ora come ora. E allora ecco che anche in questa stagione riscopriremo il valore di correre per noi stessi, per i nostri obiettivi, in quell’esercizio di stile fine a se stesso che è la corsa.

Io proverò a lavorare su velocità e distanza, aspettando di poter poi fare, un giorno, una bella gara. Inseguo la mia quarta mezza maratona, dopo le 3 dello scorso anno.

E quando riuscirò a correrla significherà anche e soprattutto che altri problemi, ben più importanti, saranno rientrati.

Un ultima riflessione sul mio libro, che oggi era ancora incredibilmente in cima ai bestseller Amazon di categoria: che dire, una soddisfazione così non me la sarei mai aspettata, e ringrazio di cuore tutti coloro che hanno contribuito a rendere la mia storia unica tra tante.

Il privilegio di correre

Capita a tutti. Ci sono momenti in cui l’insoddisfazione ci mette a dura prova, con quella sensazione di non fare mai abbastanza. Sentiamo di potere e dovere fare di più. E questa insoddisfazione ci butta giù.

Quando mi succede lascio i pensieri liberi di scorrere nella mia mente, come un fiume in piena. Quando poi riprendo un po’ di lucidità, quello che cerco di fare è ripensare a dove ero fino a 3 anni fa.

In poco più di due anni non ho solamente perso 35 kg, ma ho ripreso in mano la mia vita dal punto di vista dell’alimentazione e del movimento. Ho creato i presupposti per far sì che ora quando corro 5 km non sono soddisfatto. Una volta 5 km mi sembravano tanti anche in automobile.

Ho creato i presupposti per poter correre ovunque io voglia, quando ne ho voglia. Per poter fare sport e sentirmi vivo, arrivo, in forma.

Ben venga quindi quell’insoddisfazione che mi capita di vivere adesso che ho opportunità che pensavo non avrei mai avuto. Rassegnato al mio stile di vita, prima di iniziare questo percorso avevo rinunciato alla possibilità di essere uno sportivo. Solo il susseguirsi degli eventi che ho poi deciso di raccontare hanno permesso un ribaltamento della situazione.

Adesso quindi, ogni volta che corro, che faccio fatica, che godo dell’effetto delle endorfine, devo solo ricordarmi che alla fine sono un privilegiato. E posso decidere, adesso o domani, la prossima sfida, il prossimo obiettivo.

La mia nuova MTB.

Qualcosa in cui credere

Prendo in prestito una frase di una canzone come inizio di questa mia riflessione.

E se non hai niente in cui credere,
non avrai niente che puoi perdere.
Sì, tranne te.

Ecco. Riflettevo in questi giorni, nelle mie peregrinazioni mentali, sull’importanza di credere in qualcosa. C’è chi ha una fede religiosa. Io personalmente non rientro in questa categoria e talvolta provo invidia. Ma la verità è che la vita offre a tutti la possibilità di credere in qualcosa seguendo o la propria spiritualità o la propria indole.

Ecco che allora forse anche io credo in qualcosa: da due anni credo nella corsa. Credo in uno stile di vita diverso. Credo nello sviluppo della propria capacità di superare il limite. Credo nella resilienza, un termine abusato, spesso ridicolizzato dalle mode, ma che ha in se il valore del saper superare le difficoltà.

Credo nei valori dello sport. Credo nel tempo dedicato a se stessi. Credo nel coltivare una passione.

Credo nella natura. Credo nei fontanili, che irrigano la mia terra, quella dalla quale provengo: la pianura padana fatta di campi di grano, risaie, granoturco.

Credo nelle radici salde da cui dipendiamo e nelle ali che ognuno di noi ha per spiccare il volo.

Credo anche nella paura, perché no. Nella paura del domani, nella paura di non farcela. Probabilmente non sarà così per tutti ma è proprio nei timori, spesso, che mi sento Vivo.

Insomma, credo in quel qualcosa che ti spinge ad andare avanti anche quando credi di non potercela più fare.

E credo che credere sia importante. O almeno credo.

Done is better than perfect

Ovvero, letteralmente: fatto è meglio che perfetto.

Si, perché sono convinto che se aspettiamo di fare le cose quando ci sono tutti i presupposti per farle come vorremmo, corriamo il rischio di non farle più. Quindi è meglio iniziare a farle, poi si vedrà come migliorare.

“Ok, ma cosa c’entra questo con la corsa, Federico?”. Immagino già questa vostra domanda, più che lecita. C’entra, c’entra eccome. Vi spiego perché. Molto spesso ricevo commenti e messaggi sulla continuità, sul come essere continui, sul come trovare motivazioni per allenarsi senza lunghe pause. Ecco allora che il detto di chi sopra diventa fondamentale: non dobbiamo focalizzare l’attenzione totalmente sulla qualità di quello che riusciremo a fare. Perché non sempre avremo tutte le migliori condizioni per una performance impeccabile, almeno se conduciamo una vita normale, fatta di impegni, imprevisti, doveri. Ma tutti abbiamo ogni giorno quel poco tempo a disposizione per fare qualcosa. Quindi bene, facciamolo! Non ho tempo per fare i 10 km che mi prefissavo? Ne farò 5. Oggi non ho voglia di correre? Posso comunque camminare, o andare in bici. Non ho voglia di fare l’allenamento che la tabella indica per oggi? Esco e corro a sentimento. L’importante è, secondo me, non evitare di uscire saltando completamente quello che avremmo voluto fare. Perché oltre ad alimentare un potenziale senso di colpa, così facendo rischiamo anche di perdere motivazione e quindi di lasciarci andare.

Vedremo allora che poi, non perdendo colpi, alimenteremo un circolo virtuoso che ci darà sicuramente grande soddisfazione.

Perché se l’appetito viene mangiando, la costanza viene facendo.