Con Asics alla Milano Relay Marathon

Che Domenica, amici. Che giornata, lo scorso 3 aprile, a Milano. A far da cornice a un saliscendi di emozioni, un saliscendi di temperature. Una giornata apparentemente uggiosa, sicuramente gelida, a tratti afosa. Incomprensibile come solo il meteo di Aprile sa essere. Ma insomma, è stato bello.

Sono stato invitato da Asicsne avevo parlato anche qui – per correre una delle staffette a scopo benefico organizzate per la Maratona di Milano. Ero molto incuriosito dall’esperienza, ho trascorso l’immediata vigilia studiando i dettagli organizzativi per viverla al meglio, e sono rimasto davvero soddisfatto. Ed emozionato. Ma partiamo dall’inizio.

L’idea di essere al fianco di un brand come Asics in progetti di questo tipo mi inorgoglisce già di per sé. Potrà sembrare una visione troppo romantica, ma immaginatevi una persona che 4 anni fa oggi era sull’orlo del baratro e oggi, con il suo progetto personale partito dal nulla, si trova a raccontare il mondo del running vivendolo da dentro.
Per evidenti motivi – per chi conosce la mia storia – la mission di Asics, Anima Sana in Corpore Sano, è qualcosa che sento davvero vicino. Così come sento vicina la mission di Progetto Itaca, onlus supportata da Asics in questa occasione. Mi sono trovato a far parte di un gruppo davvero eterogeneo di sportivi, all’insegna dell’inclusione. Mi inorgoglisce pensare di poter rappresentare, in contesti come questo, chi corre per stare bene lasciare da parte le paure, le ansie, il proprio malessere. Chi corre per perdere peso cercando di trovare una forma migliore. Chi corre per spegnere i pensieri. Chi corre, perché no, per superare i propri limiti, anche a livello amatoriale.

Passando alla pratica, a me è stata assegnata la terza frazione, la più breve, e questo mi ha dato la possibilità di poter “spingere” (senza esagerare, perché partivo a freddo) cercando di fare quello che per me è, oggi, un buon tempo, ma comunque godendomi il percorso. Percorso che, per altro, mi ha portato a circumnavigare lo stadio di San Siro, davanti al quale ho perso qualche secondo per scattarmi qualche selfie. Non ho resistito. Sono partito da piazzale Lotto (circa) per arrivare in zona Uruguay.

I miei compagni di staffetta erano Julia Jones, Alessia Sergon e Massi Milani. Le altre staffette – in totale 17 – erano composte da sportivi, ex sportivi di altre discipline e ora runner, appassionati come me, runner professionisti.

Per descrivere tutte le emozioni vissute senza – spero – annoiarvi troppo, ho scelto alcune parole chiave che possono aiutarmi.

E sono le seguenti:

Inclusione: un’esperienza che mi ha fatto vivere da vicino una Maratona di Milano e per l’ennesima volta mi ha fatto capire che in un evento del genere c’è posto per tutti, ad ogni livello; c’è il top runner che corre i 20 km orari; c’è l’atleta navigato che chiude sotto le 3 ore; c’è chi cammina, chi marcia, chi corre per un amico scomparso, chi corre per raccogliere fondi, chi corre per la pace, chi corre per farcela, chi corre da solo, chi corre in compagnia, chi corre lentamente, chi (purtroppo) si infortuna; c’è la vita; e c’è la possibilità per tutti, di esserci; questa è la corsa;

Partecipazione: ho visto una Milano viva, partecipe, coinvolta, felice; ci sarà stato chi ha maledetto l’evento, gli ingorghi, le code, il traffico modificato; ma la maggior parte delle persone osservava ammirata questo fiume di gente, urlando, applaudendo, sorridendo; facendo il tifo per l’altro; questo mi da un filo di speranza per il futuro;

Entusiasmo: dopo due anni a dir poco complicati, in questo clima di tensione drammatica per via di una guerra orrenda, ho visto un albore di entusiasmo; ho visto davvero la voglia di stare insieme e mettersi in gioco;

Rispetto: ho visto tanta, tantissima gente, agire con rispetto, ordine, disciplina, nei confronti degli altri e della città;

Organizzazione: ho visto filare tutto, incredibilmente, liscio, senza intoppi; tanta gente che si è messa al servizio degli altri per la sicurezza, la viabilità, il soccorso, per i ristori, per la pulizia; non oso immaginare quanto complesso possa essere organizzare un evento a dir poco invasivo per una città intera.

In ultimo, una bella sorpresa, che non avevo considerato: la medaglia. Era prevista per ogni staffettista, non me l’aspettavo, è stato emozionante tornare a riceverne e indossarne una.

Insomma, una giornata da ricordare, per la quale ringrazio ancora una volta Asics, Green Media Lab (Sara e Paola), i compagni di avventura, le persone incontrare durante il tragitto, e spero di tornare presto a vivere emozioni così vibranti. Perchè ne abbiamo tutti tanto bisogno.

Garmin Forerunner 245: una bella scoperta

Allora, diciamoci la verità: non avevo alcuna intenzione, lo giuro, di cambiare orologio. Ma il mio Forerunner 235 (al quale ero anche piuttosto affezionato poiché regalatomi da mia moglie un paio di anni fa) ha iniziato a una certa a dare alcuni segni di cedimento. Su tutti, ha perso la vibrazione. E fungendo ormai nel quotidiano anche da smartwatch, l’assenza di vibrazione limitava notevolmente il suo utilizzo.

Ho riflettuto un po’ sul da farsi per poi realizzare che avrei potato unire l’utile al dilettevole. In che senso? È presto detto: stavo attraversando un momento di scarsa motivazione rispetto agli obiettivi che avevo in mente. Poteva forse un orologio nuovo gasarmi un pò? Beh, la risposta è stata: sì!
Da lì un piccolo sondaggio sul mio profilo Instagram per capire quale potesse essere il modello migliore in base al prezzo che avevo in mente (idealmente inferiore ai 300 euro, per intenderci), e la risposta ricevuta è stata quasi unanime: Garmin la marca più citata (non mi pagano, lo riporto per esperienza personale), e Forerunner 245 il modello più citato (anche e soprattutto da runner che ammiro e stimo, dei quali mi fido particolarmente).

L’ho quindi acquistato, alla fine, su Amazon, pagandolo 200 euro.
Ormai lo utilizzo da un mesetto, ed ecco le mie considerazioni:

ESTETICA

Più fine rispetto al 235 da un punto di vista dell’hardware, molto avanti per quanto riguarda il design del software. In generale non è un orologio elegante, ma devo dire che fa la sua scena in tutti i contesti in cui mi trovo personalmente coinvolto. Ho scelto apposta un colore neutro (grigio/nero) in modo da poterlo indossare anche in ambiente lavorativo o nel tempo libero senza essere eccessivamente legato a livello cromatico.

FUNZIONALITÀ

Rispetto al modello precedente, questo orologio offre molte più funzionalità. Ad esempio, è possibile tracciare allenamenti per corsa, bici e nuoto – con il 235 il nuoto non era contemplato. In generale, comunque, il 245 è in grado di fornire molte più informazioni sul proprio stato di forma e di salute (forse troppe, ma dopo la prima settimana ci si focalizza su ciò che conta davvero per sé). Saturazione, respirazione, sonno, preparazione (in base a VO2 max e carico di lavoro), livello di stress. Chi più ne ha, più ne metta. E vi dirò, è quasi troppo per me. Ma come detto, dopo una sbornia iniziale, ho selezionato su cosa puntare per farmi un’idea chiara dei miei avanzamenti.
E la verità è che i dati che attestano il mio stato di forma sono molto severi, più severi di quelli mostrati dal 235. Associando all’orologio una fascia cardio credo che la rilevazione sia abbastanza accurate e quindi mi tocca accettare il fatto che no, non sono in grande spolvero. Ma verranno tempi migliori.

COACHING

Una delle cose che mi ha colpito maggiormente – in positivo, si intende – è la gestione dei piani di allenamento. Non li avevo mai utilizzati in precedenza poiché trovato il sistema davvero poco intuitivo. Ecco, in questo senso il passo avanti è notevole. È davvero molto facile impostare, a seconda del proprio obiettivo, un piano di lavoro offerto da Garmin, che imposta allenamento su misura per te. L’allenamento è fruibile direttamente dall’orologio, che scandisce le fasi e ti guida. Una bella comodità per chi, come me, non è così abituato a farsi guidare o a seguire delle tabelle. Infatti, seguendo un piano, sono riuscito in poco tempo a tornare sui 10 km. Non li correvo dallo scorso ottobre.

Sia chiaro, l’orologio non fa miracoli, e soprattutto va utilizzato con consapevolezza dei propri mezzi. Ma certamente, con la giusta motivazione e una buona dose di buon senso, può aiutare a focalizzarsi. Per i principianti – o coloro che comunque hanno voglia di imparare nozioni nuove o ripassarne di note – ci sono anche moduli video da seguire, che sono interessanti poiché girati con la partecipazione di coach molto importanti a livello internazionale.

Insomma, la gestione degli allenamenti è ottimale perché facilita davvero la preparazione in vista di obiettivi specifici. Adesso spero presto di seguirne uno per preparare una mezza maratona.

In generale, comunque, è molto più intuitivo l’utilizzo di impostazioni di allenamento anche al di fuori di piani strutturati.

BATTERIA

La batteria dura davvero a lungo, per ora tiene serenamente 7 giornate, con 3 allenamenti tracciati.

SICUREZZA

Il monitoraggio incidenti è previsto, per tutte le discipline. Viene richiesto di indicare i contatti da tenere in considerazione in caso di incidente, per notifica immediata. E sapere com’è, tutto sommato, non si sa mai…

MAPPE E NAVIGAZIONE

Lo lascio per ultimo in quanto capitolo che ho esplorato ancora poco, ma la possibilità di memorizzare percorsi e importarne altri che il Garmin Forerunner 245 fa già enorme differenza rispetto a quello a qui ero abituato. Lo schermo a colori permette una gestione ottimale della navigazione, ovviamente in proporzione alla fascia di prezzo dell’orologio. Ma credetemi, anche per chi come me corre ormai comunque da un pò, le funzionalità sono molteplici.

Insomma, tra le righe lo avrete capito: sono per ora totalmente soddisfatto di questo modello e l’unica cosa che mi resta da fare è esplorare ancora e ancora le funzionalità che offre, in modo da differenziare gli allenamenti, raggiungere gli obiettivi,
e – perché no – esplorare nuovi percorsi vista la mia scarsa capacità di orientarmi in autonomia.

Stay tuned! 😉

Ripetute: ci provo davvero

Lo ammetto, ho un segreto da confessare: non ho mai amato allenamenti “non liberi”, e ho sempre preferito il fartlek alle ripetute. Questo perché come molti sanno mi sono avvicinato alla corsa per risollevarmi e l’allenamento per me è sempre andato oltre il concetto di performance.

Il problema, però, è che quando sono troppo libero tendo a rimanere “comodo”. Sono fatto così. Per questo, tutto sommato, in 3 anni di corsa non ho registrato un sostanziale aumento della velocità media, se non in contesti di gara quando lo stato di forma era eccezionale.

Non che la velocità sia per me una cosa fondamentale, ma in questi periodi di magra, in cui le gare non esistono (anche se stanno, forse, riprendendo pian piano) mi serviva un modo per tenermi vivo.

Da qui ho pensato che forse potesse essere il caso di provare un tipo di allenamento più mirato. E ho iniziato le ripetute. C’è da dire, per altro, che è un allenamento ideale quando hai poco tempo e allenandomi io ultimamente in pausa pranzo – durante la settimana – ne sto approfittando.

Fresco fresco, dopo una ripetuta.

Dunque, ho iniziato con ripetute brevi, perché correre al massimo o quasi della mia velocità è molto impegnativo per me ora. Inizio con 1 km circa di corsa lenta, per portarmi su un rettilineo di pista ciclabile che si presta particolarmente al tipo di allenamento. Da lì parto con allunghi di 300 metri all’ottanta/novanta percento della mia velocità massima, intervallati da 300 metri di corsa molto lenta, talvolta camminata, per recuperare. Faccio 6 allunghi con 6 recuperi. Finisco poi con un paio di chilometri di corsa molto lenta.

Devo dire che, complice anche l’innalzamento delle temperature in queste ultime due settimane, arrivo alla fine abbastanza stremato. Ma mi sta piacendo, perché vedere certi tempi (ho corso allunghi sotto i 4:40 al km) mi da morale e voglia di migliorare.

Ho ripreso anche a fare plank, anche se su questo devo lavorare sulla continuità. Mentre nei weekend proverò ad allungare le distanze, cercando di non andare mai sotto ai 10km.

Insomma, vediamo come va. Nel frattempo, per gettare il cuore oltre l’ostacolo, mi sono iscritto a una gara con partenza in solitaria. Avevo bisogno di sentire ancora quelle sensazioni. Se parteciperò, non lo so. Dipende da come andranno le cose. Intanto, però, mi preparo.

Runner, non aver paura

Paura. Quell’emozione che spesso tende a rovinarci i piani. O almeno, questo vale per me. Paura che le cose non vadano bene, paura del domani, paura dell’inaspettato. Paura di non arrivare alla fine. Questo vale nella vita, ma anche nella corsa. Tutte le gare di media distanza che ho affrontato (la mezza maratona, per intenderci) hanno generato in me incertezza, paura di non arrivare al traguardo. Paura che si è poi fatta da parte verso la fine, quando ho realizzato che con le mie risorse sarei stato in grado di arrivare alla fine.

Ecco, dirò adesso una cosa che potrebbe risultare banale ma è il fulcro della questione: il primo passo per superare i propri limiti ed essere anche solo minimamente ambiziosi, è non avere paura. Non c’è modo di progettare qualcosa di importante se si è dominati dalla paura.

E allora bisogna cercare di vivere, o correre, lasciandosi trasportare da del sano entusiasmo. È la cosa migliore da fare, ma non è facile.

Io ad esempio sono fatto così. La mia storia racconta che sono programmato per aver paura. Qual è la soluzione, dunque? La consapevolezza è il primo passo.

Il secondo passo è l’impegno quotidiano nel cercare di non dare alla paura la forza di limitarci. La corsa in questo ci può aiutare perché è uno sport nel quale continuità e impegno ripagano. E nel quale il duro lavoro da i suoi frutti giorno dopo giorno. È una delle tante cose che questo sport ci può insegnare.

Gestire la paura, anche nella fatica, è quello che serve per arrivare in fondo.

Non resta che provarci dal prossimo allenamento.

Corri che ti passa (il raffreddore)

Ebbene sì, mi sono sottoposto a un esperimento per capire se fosse vero che l’attività fisica – e quindi anche la corsa – può aiutare a guarire da un raffreddore.

L’ho sempre sentito dire ma in tutta sincerità in passato non avevo mai provato a correre anche con lievi sintomi da raffreddamento.

Sabato scorso, preso dalla disperazione per l’ennesimo possibile stop agli allenamenti, mi sono deciso a provare. I sintomi erano oggettivamente lievi, i classici da raffreddore: un pò di congestione, naso che gocciola, nulla di più. Tant’è che mi sono svegliato in forze, pronto a fare la mia corsetta. Prima di lanciarmi nell’esperimento ho approfondito un pò leggendo alcuni articoli sull’argomento, e tutti erano allineati nel dire che sì, correre con il raffreddore non è una cattiva idea in generale. Bisogna ovviamente sempre ascoltare il proprio corpo (uno stato di malessere diffuso potrebbe, ad esempio, dipendere da uno stato influenzale con il quale bisogna decisamente andare cauti). Tutti gli articoli letti o quasi citavano la “regola del collo”: se i sintomi sono dal collo in su (raffreddore, lieve mal di gola), si corre; se i sintomi sono dal collo in giù (es. tosse, problemi a bronchi e polmoni, etc) non si corre. In generale poi, con la febbre, non si corre (questo articolo offre alcune info per me utili).

Insomma, constatato alla fine che tutto sommato stavo bene, mi sono vestito e sono uscito. Complice anche una giornata mite nella temperatura l’impatto con il clima invernale non è stato poi così importante. Ho tenuto la distanza da percorrere per l’allenamento ovviamente limitata, senza voler strafare. Ma in effetti le sensazioni erano buone. Sentivo una sorta di liberazione, nel muovermi.

Il giorno stesso di fatto i sintomi non sono cambiati, ma posso dire invece che il giorno dopo mi sentivo meglio, e il raffreddore è passato in tempi brevi. Ora, non voglio attribuire per forza alla corsa un potere curativo. Non ne ho le competenze. Di certo posso dire però che non ha peggiorato la lieve sintomatologia da raffreddore, quindi in futuro – quando mi capiterà – correrò.

Metti una domenica, in bici, nel parco del Ticino

Da qualche mese affianco quando posso la bici alla corsa. Si tratta di differenziare l’allenamento, sì, ma si tratta anche di fare esperienze diverse dal solito, allungando le distanze.

Ecco allora che mi sono concesso oggi un giro nel parco del Ticino, una perla lombarda, facilmente raggiungibile da casa.

La bici c’è, acquistata in estate per provare ad esplorare i dintorni in questo periodo particolare. L’itinerario non manca. Il vestiario adatto, quello sì, non c’è. E allora via di fantasia: ho adattato il guardaroba di running e montagna e ascoltato il consiglio di qualche amico esperto per vestirmi al meglio. Risultato: positivo! Piedi a parte. Per quelli, per tenerli caldi, devo studiare qualche soluzione diversa dal doppio paio di calze.

Il giro parte da casa, con un freddo a dir poco pungente. Un freddo che ti entra dentro. Ma la strada sterrata, i colori della campagna in inverno, le pozzanghere ghiacciate sulle quali scheggiare rendono tutto meno congelato e scaldano il cuore. Attraverso la campagna si giunge sulla sponda del Ticino, e lì ad attenderci il bosco coi suoi sentieri, i suoi saliscendi, i sui ghirigori. Il freddo mano a mano si mitiga, anche grazie alla bellezza del panorama. Il fiume scorre veloce, tra ponti e cascate.

Il percorso è sfidante, tutto sommato, per un neofita come me. Alcuni tratti impegnativi mi mettono alla prova. Concludo il tratto nella selva senza rischi, fortunatamente.

È tempo di rientrare. Si ripassa tra le ‘mie’ campagne, verso casa. Un paio d’ore, 1400 calorie, 33 km. Tanto, forse troppo freddo.

Ma pronti per la prossima avventura.

Natale e bilanci

Amici runner, in un anno come quello che sta per concludersi diventa difficile anche tracciare bilanci. Soddisfatto? In generale non lo sono mai. Che sia un pregio o un difetto non l’ho ancora capito, ma è così, mi accontento raramente. Quindi no, non sono soddisfatto. Dopo 3 mezze (quasi 4, con una gara da 18) nel 2019 avevo in mente grandi traguardi, grandi sogni, grandi ambizioni. Il 2020 ha cambiato tutto. Era già iniziato male con uno strano infortunio alla schiena che mi aveva bloccato per un mese. Poi la pandemia, che ha scombinato i piani del mondo intero. Da lì una serie di riflessioni importanti: quali sono le priorità? Cosa è davvero importante?

Correre nel 2020 è stato un privilegio: chi ha potuto farlo non ha dovuto preoccuparsi di altro. E pazienza allora se il PB non è stato migliorato o se il Garmin mi attribuisce uno stato di forma patetico, verranno tempi migliori, per tutto. Speriamo.

Per il resto, privilegio, dicevo: avere una finestra tutta per sè, godersi il silenzio della natura, ascoltare il proprio respiro. Ripartiamo da qui per il 2021. Il resto, sono convinto, verrà da se.

E se proprio vogliamo fare qualcosa per questo Natale un po’ strano, scegliamo una causa a cui donare e corriamo una distanza per noi simbolica che ci aiuti a ricordare che se possiamo correre, a noi così male non va.

Buon Natale, a chi corre e a chi no!

Scarpe da corsa e rotazione

Ebbene sì, dobbiamo dircelo: chi inizia a correre sviluppa una certa attrazione per accessori e vestiaro, e le scarpe sono forse l’elemento principale di cui ci si innamora e ci si appassiona.

Da una parte la scarpa ci caratterizza, ci descrive, parla di noi. C’è chi bada alla velocità, chi all’estetica, chi alla protezione e all’ammortizzazione. Ma in generale le scarpe ci rappresentano.
Dall’altra parte le scarpe di supportano, sono la prima cosa da curare quando si inizia a macinare chilometri. Una scarpa non adatta alla corsa – e in particolare alla nostra corsa – può fare male. Molto male. Da qui il consiglio, soprattutto per neofiti, di affidarsi a qualcuno di competente.

Il numero di paia di scarpe che siamo destinati a collezionare in pochi anni è davvero consistente. Ma credo che, in fondo, tutto questo ci piaccia. Collezioniamo scarpe come fossero medaglia. Io, ad esempio, sono molto affezionato alle mie Nimbus, con le quali ho preparato e corso la mia prima mezza maratona. Le conserverò per sempre.

Ma veniamo al dunque. Nei primi due anni da runner ho sempre corso con un paio di scarpe alla volta. Una volta consumate, le sostituivo, e via così. Da poco invece, vuoi perché ho letto qualche suggerimento, vuoi perché avevo voglia di novità e di sperimentare, ho deciso di iniziare una rotazione di due paia di scarpe che utilizzerò contemporaneamente, idealmente per allenamenti diversi. Alle mie Adrenaline di Brooks quindi (attualmente mio punto di riferimento e comfort zone), ho affiancato un paio di Gaviota 2 di Hoka One One. Queste ultime sono in rodaggio, poiché le sensazioni con Hoka sono molto diverse (la suola molto alta rende l’impatto al suolo differente rispetto alle mie abitudini).
Idealmente vorrei utilizzare le Hoka per i lunghi (oltre i 10km insomma).

In base a quanto dicono runner più esperti di me, la rotazione delle scarpe permette sicuramente la prevenzione di infortuni. Inoltre, testare nuovi modelli può aiutare a rompere la monotonia di allenamento che ahimè, ogni tanto, rischia di affiorare. La novità può dare motivazioni diverse e rendere l’allenamento vario.

Vi terrò aggiornati sulla mia esperienza di rotazione. Come sempre se avete consigli o commenti, fatevi avanti :).

La corsa come meditazione

Correre e meditare. Due discipline apparentemente distanti ma che che invece per chi corre da un po’ non lo sono affatto. Sì perché, non è solo Murakami a dirlo, c’è tanta meditazione nella corsa, soprattutto nelle lunghe distanze.

E chi corre con continuità affida spesso alla corsa riflessioni, pensieri, talvolta decisioni. La corsa permette di elevarsi, per trascendere, per guardare le cose da un punto di vista diverso. Se non ci credete, provate. E se volete provare, ecco i miei consigli, basati ovviamente su esperienza personale:

– prima di partire focalizzate i punti chiave, ovvero gli argomenti su cui vi serve riflettere o decidere; meno ampio è lo spettro di riflessione, più la meditazione potrà risultare efficace, quindi puntate all’essenza del problema; per chi come tende a distarsi facilmente, fissare punti chiare aiuta anche a non perdere il focus;

lasciate a casa l’orologio – o perlomeno non guardatelo; che per carità, se ci riuscite avrete tutta la mia stima, ma essendo concentrati su altro sarà difficile badare anche ai tempi. Spoiler: andrete probabilmente più veloci del solito comunque, perché i pensieri vi distrarranno dalla fatica;

prendetevi il giusto tempo – se siete di fretta, probabilmente, non funzionerà; curate il prima, il durante e il dopo; anche il post allenamento ha una grande importanza in questi casi; godetevi il silenzio, i vostri rituali e traete le vostre conclusioni dopo la corsa;

fate un percorso che conoscete – non dovete pensare alla strada ma al tema che vi sta a cuore in quel momento; se vi orienterete in automatico avrete meno possibilità di interrompere il flusso di coscienza;

la musica come alleato; questo è un tema molto personale perché dipende dalle vostre abitudini e dal vostro gusto, ma non è escluso che la musica possa aiutarvi nel concentrarvi sui pensieri, creando un rumore di fondo che diventa una sorta di barriera tra voi e la realtà circostante (in questo caso valgono tutte le accortezze per correre con la musica nelle orecchie, evitando di mettersi in pericolo laddove serve sentire i rumori che ci circondano)

Insomma, se vi ho incuriosito o se avete già dimestichezza con questo tipo di attività, non vi resta che provare a fare come faccio io. E se avete consigli o punti di vista da condividere, vi aspetto ;).

La musica

Come alleato

Il privilegio di correre

Capita a tutti. Ci sono momenti in cui l’insoddisfazione ci mette a dura prova, con quella sensazione di non fare mai abbastanza. Sentiamo di potere e dovere fare di più. E questa insoddisfazione ci butta giù.

Quando mi succede lascio i pensieri liberi di scorrere nella mia mente, come un fiume in piena. Quando poi riprendo un po’ di lucidità, quello che cerco di fare è ripensare a dove ero fino a 3 anni fa.

In poco più di due anni non ho solamente perso 35 kg, ma ho ripreso in mano la mia vita dal punto di vista dell’alimentazione e del movimento. Ho creato i presupposti per far sì che ora quando corro 5 km non sono soddisfatto. Una volta 5 km mi sembravano tanti anche in automobile.

Ho creato i presupposti per poter correre ovunque io voglia, quando ne ho voglia. Per poter fare sport e sentirmi vivo, arrivo, in forma.

Ben venga quindi quell’insoddisfazione che mi capita di vivere adesso che ho opportunità che pensavo non avrei mai avuto. Rassegnato al mio stile di vita, prima di iniziare questo percorso avevo rinunciato alla possibilità di essere uno sportivo. Solo il susseguirsi degli eventi che ho poi deciso di raccontare hanno permesso un ribaltamento della situazione.

Adesso quindi, ogni volta che corro, che faccio fatica, che godo dell’effetto delle endorfine, devo solo ricordarmi che alla fine sono un privilegiato. E posso decidere, adesso o domani, la prossima sfida, il prossimo obiettivo.

La mia nuova MTB.